L’uso del chewing-gum, favorendo il riflesso della deglutizione e di conseguenza l’apertura delle tube di Eustacchio, può presumibilmente prevenire le otiti poiché favorisce in questo modo il drenaggio delle secrezioni dall’orecchio medio. Lo zucchero contenuto nei chewing-gum può però controbilanciare questo effetto positivo perché favorisce la crescita di batteri. Tuttavia non tutte le gomme americane sono uguali: esiste almeno uno studio nella letteratura medica che dimostra come l’uso regolare di un chewing-gum contenente lo xilitolo come dolcificante previene quasi del 50% l’incidenza di otiti.
Lo studio, eseguito da medici finlandesi, ha messo a confronto 306 bambini, di età compresa tra i due e i cinque anni, con problemi di otiti ricorrenti dividendoli in due gruppi: al primo venivano date gomme americane contenenti zucchero e al secondo chewing-gum con xilitolo (nella quantità di 8,4 grammi al giorno). Le gomme americane venivano distribuite 5 volte al dì, dopo tutti i pasti e i vari snacks, in numero di due pezzi per volta. Lo studio, che è durato due mesi, ha dimostrato come i bambini che masticavano chewing-gum con xilitolo presentavano quasi il 50% di otiti in meno (il 12% contro il 21%). Due bambini del gruppo che aveva assunto lo xilitolo manifestarono diarrea, un ben conosciuto effetto collaterale di molti dolcificanti.
I risultati di questa ricerca si spiegano con il fatto che lo xilitolo possiede una attività d’inibizione nella crescita dei batteri. Alcune ricerche di laboratorio hanno dimostrato che lo xilitolo riduce la crescita dello Streptococcus pneumoniae, uno dei principali batteri responsabili dell’otite media acuta. Lo xilitolo presenta inoltre una efficace azione nel prevenire la formazione della carie perché inibisce la crescita dello Streptococcus mutans, che ne è il principale germe responsabile.
I bambini che vivono con genitori fumatori hanno maggiori infezioni alle orecchie e problemi di udito.
Secondo lo studio del New York University Medical Center, la probabilità di dover essere operati per ricorrenti infezioni all’orecchio o problemi simili sarebbe addirittura quasi il doppio rispetto a quella dei piccoli che hanno genitori non fumatori.
Gli scienziati hanno combinato le indagini svolte in 61 studi precedenti, scoprendo che i piccoli che vivono in un ambiente di fumatori hanno il 37 per cento di probabilità in più di soffrire di patologie all’orecchio medio. Una percentuale di rischio che sale al 62 per cento quando il fumatore è la madre.
In quest’ultimo caso, inoltre, esiste anche l’86 per cento di probabilità in più che il bambino debba ricorrere alla chirurgia per curare patologie dell’orecchio medio. Mediamente, tre bambini su quattro soffrono di una infezioni all’orecchio nell’arco dei primi tre anni di vita.
Secondo gli scienziati, l’esposizione al fumo causerebbe infiammazioni nell’orecchio, che unite all’acqua che potrebbe entrare, creerebbe un ambiente ideale per la crescita dei batteri, e quindi delle infezioni. Il fumo dei genitori è stato già legato in passato ad asma e problemi allergici nei bambini e le donne che fumano mentre sono incinte mettono il nascituro a rischio di morte improvvisa.
È una patologia molto frequente su cui i Pazienti hanno idee piuttosto confuse. In primo luogo, sembra opportuno chiarire che nel condotto si riversano più componenti quali il sebo, il cerume, i detriti della desquamazione dell’epitelio di rivestimento del condotto uditivo, i funghi e i batteri saprofiti. Le ghiandole che secernono il sebo e il cerume solo localizzate nella cute del terzo esterno del condotto e cioè nell’area in cui sono presenti anche i peli.
La funzione protettiva delle secrezioni del condotto è di tipo immunitario contro virus, batteri e funghi ma, al tempo stesso, è diretta al mantenimento dell’acidità della cute, da parte del sebo, e a salvaguardare il grado di umidità del canale, da parte del cerume. Sebo e cerume sono sprovvisti di gambe e quindi la loro eliminazione è garantita dalle squame cornee dell’epitelio che migrano in permanenza dal centro della membrana fino all’uscita del condotto, impiegando circa tre settimane a coprire i tre cm del percorso.
Inoltre: sebo e cerume svolgono un preciso ruolo di difesa della cute del condotto ed è quindi sbagliato tentare di eliminarli; le manovre che i Pazienti pongono in atto a questo scopo sono, di necessità, effettuate senza il controllo della vista e danno luogo a lesioni del rivestimento cutaneo e a dermatiti con impressionante frequenza;
L’introduzione di acqua nel condotto uditivo espone a sfavorevoli conseguenze quali il rigonfiamento del cerume fino alla formazione del “tappo”, l’aumento della desquamazione della cute e la riacutizzazione del frequente eczema.
Pertanto, contrariamente a quanto credeva mia Nonna, l’interno del condotto non va mai lavato con l’acqua o, peggio ancora, con il sapone ! Se, per errore, l’acqua penetra nel canale, la si può asciugare con l’aiuto del phon ma senza introdurvi alcun oggetto!
L’uso dei tappi antirumore è negativo poiché favorisce l’accumulo dell’umidità nel condotto e quindi il rigonfiamento del cerume presente.
Se l’orecchio è “tappato” ma non duole si può ricorrere allo Specialista e, per agevolarlo, Vi converrà istillare qualche goccia di olio tiepido nell’orecchio occluso nei giorni precedenti l’appuntamento.
L’acqua delle piscine può essere dannosa per l’orecchio sia perché è acqua, sia perché contiene cloro; per salvarvi da possibili danni, quando uscite dalla vasca, sciacquate l’orecchio con acqua dolce e poi asciugatelo con il phon. Lo stesso fate dopo il bagno di mare la cui acqua spesso è anche sporca.
I bastoncini nettaorecchie sono una vera maledizione! Gettateli subito via e, soprattutto, non infilateli mai nell’orecchio dei bambini e neppure nel vostro.
Ultimo consiglio: i “cartoccetti” che si introducono nell’orecchio per sciogliere il cerume con il calore della fiamma in un certo numero di casi funzionano. Peraltro, osservo che spesso non tutto il cerume viene fuso e, inoltre, la fiamma accesa vicino all’orecchio e ai capelli non è molto rassicurante!
Spesso non riconosciuto come fenomeno patologico, la sindrome delle apnee ostruttive è il principale dei disturbi respiratori del sonno. E’ caratterizzata da russamento e nella maggior parte dei pazienti viene considerato normale o come un “fastidio acustico” per chi convive con il russatore. Il dott. Cesare Arezzo, Specialista in Fisiopatologia Respiratoria, ci aiuta a capire la sindrome delle apnee durante il sonno. La sindrome delle apnee durante il sonno è una malattia molto seria descritta per la prima volta nel 1965 come un’alterazione patologica caratterizzata da “pause” o interruzioni del normale respiro. Chiunque occasionalmente può trattenere il respiro. Tuttavia quando la pausa non è decisa spontaneamente e si prolunga per 10 secondi o più durante la notte, può comportare rischi importanti per la salute. Come si riconosce la sindrome delle apnee durante il sonno? I sintomi clinici che aiutano nella diagnosi della sindrome delle apnee durante il sonno sono dovuti alla povera qualità del sonno: – sonnolenza continua durante il giorno, con difficoltà a rimanere svegli durante la lettura del giornale o la visione di un film alla TV – estrema affaticabilità e perdita di ogni energia – depressione o irritabilità – difficoltà di concentrazione – mal di testa mattutino – disturbi del desiderio e della potenza sessuale – anamnesi positiva per incidenti automobilistici o lavorativi Si tratta spesso, di persone in sovrappeso, con collo grosso e tozzo o problemi di anomalie anatomiche a livello di naso e gola. Quasi sempre si tratta di formidabili russatori, che rendono molto difficile la vita del coniuge nelle ore notturne e nel 4% dei casi parliamo di uomini. Quali sono gli effetti dannosi? Le conseguenze della sindrome delle apnee ostruttive vanno dai disturbi dell’umore al pericolo di vita. Durante le apnee infatti l’ossigenazione del sangue viene a essere temporaneamente compromessa generando uno stato di “stress” per gli organi più sensibili allo stato di ossigenazione ematica: cuore e cervello. È infat
Per i bambini imparare a parlare è uno dei primi grandi traguardi della vita. Ma a volte la vittoria può essere disturbata da piccoli errori o disturbi della fonetica. Le famose “erre mosce” e la “esse sibilante sono tra le più note dislalie diffuse tra i bambini. Nessun problema: con l’aiuto del logopedista e di qualche apparecchio ortodontico le cause si possono rimuovere.
Quando i bambini iniziano a parlare è una grande scoperta sia per loro che per i genitori. Ma le insidie della pronuncia e le caratteristiche fisiologiche della fonazione, nonché alcune difficoltà di ordine psicologico, possono nascondere qualche sorpresa. E magari ci accorgeremo ben presto che il nostro bambino pronuncia una “erre moscia” degna del miglior francese quando in casa nessuno contempla tale particolarità.
Il rotacismo, questo è il nome corretto della più nota “erre moscia”, è una caratteristica fonetica di molte lingue e dialetti, ma anche un errore di fonazione che si sviluppa in giovane età e se non si corregge in tempo rimane per sempre. La spiegazione del rotacismo non ha nulla di preoccupante. Semplicemente il bambino non colloca la lingua nel punto corretto e non emette il fiato nella giusta impostazione. La “R” è un suono alveolare, che si ottiene facendo vibrare la lingua contro il palato. Ma perché proprio la “R”? Il fonema “R” si impara verso i 3 anni ed è uno degli ultimi fonemi che impariamo a pronunciare. Di conseguenza, è molto comune che il bambino tardi a pronunciare la lettera o che possa avere problemi con essa. Questi difetti della parola tendono normalmente a essere eliminati dal bambino stesso che nel frattempo ha acquisito e imitato la maniera giusta della pronuncia. Ma Se il bambino ha 5 anni e non dà segni di aver assimilato tale suono, è necessario ricorrere a un logopedista per iniziare un trattamento che correggerà il rotacismo. Se vuoi saperne di più leggi come correggere il rotacismo.
La “erre moscia” tra le dislalie più frequenti assieme a quella della “Z” e della “D”. L’importanza del correggere questa e altre dislalie è che il bambino potrebbe avere difficoltà con l’identificazione e la trasposizione degli stessi errori fonetici nella lingua scritta, addirittura l’incapacità di riconoscere la lettera in un testo. Tra gli errori di pronuncia più noti e diffusi tra i bambini all’inizio della loro carriera da parlatori c’è la “S”, che in questo caso tende a essere sibilante. È una tipica dislalia dentale o delle arcate dentarie, derivante da alcune anomalie della bocca. Ma niente di grave! Il “sigmatismo”, è questo il nome corretto del difetto di pronuncia della “S”, può avere origine da una malocclusione dei denti. La malocclusioe il più delle volte deriva da errati movimenti e posizioni della lingua. A lungo andare e in casi gravi la malocclusione può richiedere l’installazione di un apparecchio ortodontico. Se vuoi saperne di più leggi quali sono le dislalie più diffuse.
Altra cosa più complessa se parliamo di disturbo della fonazione. In questo caso infatti l’articolazione delle parole risulta molto compromesso; si ha un’incapacità di usare i suoni in base all’età di sviluppo del bambino. Gli errori fondamentali riguardano la produzione, l’uso, la rappresentazione e l’organizzazione dei suoni; la sostituzione di un suono per un altro; omissioni di suoni. Per poter comprendere la reale presenza di questo disturbo è necessario stabilire se gli errori di pronuncia sono gravi, al punto da poter essere considerati “anormali”, o se sono dei semplici errori che sono “normali” nei bambini piccoli. Un metodo grossolano di valutazione della pronuncia è considerare che generalmente un bambino a 3 anni pronuncia correttamente m, n, ng, b, p, t, q e d , a 4 anni pronuncia in modo corretto f, c, sc, gn e z , e a 5 anni s e r . Un bambino con il disturbo della fonazione, inoltre, non presenta anomalie fisiche che potrebbero essere la causa del malfunzionamento linguistico. Per stabilire la presenza o meno di un disturbo della fonazione è tuttavia necessario rivolgersi a persone competenti in grado di effettuare una diagnosi seria e accurata. Se vuoi saperne di più leggi quali sono le terapie per correggere il disturbo della fonazione.
Mal di testa, congestione che peggiora, mal di denti, mal d’orecchi, dolore e senso di pressione al volto. Ma anche mal di stomaco, nausea, dolore nella zona posteriore degli occhi, febbre, rinorrea con muco verde-giallastro, tosse grassa. E il quadro clinico è completo, sono questi i sintomi tipici della sinusite.
La sinusite è il risultato di un’infezione: quando siamo soggetti a raffreddori o allergie i seni paranasali producono più muco. Ma se il muco non ha la possibilità di essere espulso diventa ambiente perfetto per la proliferazione di batteri, virus e funghi. I seni paranasali sono indispensabili per purificare l’aria respirata, determinano il timbro della voce, per questo trascurare il problema della sinusite può significare: sinusite cronica, problemi a carico sia dell’apparato respiratorio, che alla testa, fino alla cavità delle orbite, problemi alla faringe, alle tonsille, alla trachea e ai bronchi. Possono esserne soggetti praticamente tutti, adulti, adolescenti e bambini, ma solo dopo i sei o sette anni, visto che i seni paranasali si svilupperanno completamente da quell’età in poi. Quindi attenzione alla giusta diagnosi!
La sinusite è un problema per molte persone e i rimedi per curare la sinusite sono molti, spesso discutibili, comunque carichi di aspettative per chi ha il dispiacere di provare la sinusite. Per risolvere il problema della sinusite è stato scomodato persino il peperoncino che secondo una ricerca dell’Università di Cincinnati inserito nei farmaci appositi può risolvere il problema alla base. E se davvero il problema è grave anche la chirurgia può fare al caso nostro. La chirurgia naso-sinusale ha avuto una svolta grazie all’introduzione di tecniche microchirurgiche ed endoscopiche. La chirurgia endoscopica funzionale naso-sinusale (FESS) che sostituisce la precedente tecnica chirurgica denominata Caldwell-Luc, è in grado di risolvere il problema della sinusite ad ampio raggio, non solo per il seno infettato. Avvalendosi di strumenti microchirurgici, di endoscopi a fibre ottiche, di telecamere e monitor televisivi l’intervento chirurgico avviene sulle strutture delle cavità nasali e dei seni paranasali.
Un po’ datato il metodo per diagnosticare la sinusite è la diafanoscopia, con la quale attraverso una fonte di luce è possibile verificare che i seni paranasali siano liberi o no da muco. Basta verificare se la luce filtra attraverso le strutture ossee. Ma vanno bene anche le più moderne radiografie e Tac. E’ in arrivo dalla Lund University e dallo Skane University Hospital in Svezia un innovativo metodo cerca sinusite: la nuova metodica prevede l’uso di un sensore a ultrasuoni Doppler in grado di accertare la densità del fluido del seno paranasale. In questo modo si potrebbe avere un’alternativa ai metodi più invasivi e potrebbe essere una soluzione all’uso degli antibiotici. Gli antibiotici comunque sono ancora la terapia più efficace per la cura della sinusite.
Il reflusso biliare ha qualche familiarità con il reflusso gastro esofageo – il riflusso degli acidi caustici dello stomaco che salgono nell’esofago, il quale collega la gola e lo stomaco, ma è meno noto. Il reflusso biliare si verifica infatti quando la bile – un fluido digestivo prodotto dal fegato – risale in flussi dal piccolo intestino fino allo stomaco e all’esofago.
Il reflusso biliare spesso accompagna il reflusso gastro esofageo, e insieme infiammano il rivestimento dell’esofago e possono rappresentare un rischio di cancro esofageo. Il reflusso biliare colpisce anche lo stomaco, dove causa ulteriore infiammazione.
La bile è un liquido verde-liquido giallo essenziale per la digestione e l’assorbimento dei grassi e per eliminare altre sostanze di rifiuto. Quando mangiamo viene rilasciata una piccola parte di bile che arriva al piccolo intestino, ma che non raggiunge lo stomaco grazie all’azione della valvola pilorica. Un danneggiamento della valvola pilorica, causa la fuoriuscita della bile nello stomaco e su fino all’esofago: è il reflusso biliare.
Adifferenza del reflusso acido, il reflusso biliare in genere non può essere completamente controllato da cambiamenti nella dieta o stile di vita. Invece, il reflusso biliare è spesso gestito con farmaci o, nei casi più gravi, con la chirurgia. Il reflusso biliare può essere difficile da distinguere dal reflusso gastro esofageo – i segni e i sintomi sono simili, e le due condizioni si possono verificare al tempo stesso. Ma a differenza del reflusso gastro esofageo, il reflusso biliare infiamma lo stomaco, provocando un bruciore nella parte superiore dell’addome.
Altri sintomi di reflusso biliare includono:sensazione di bruciore al petto che si diffonde a volte in gola e un sapore amaro in bocca, nausea, vomito biliare, tosse occasionale, perdita di peso, rischio di complicazioni come gastriti, ulcere, cancro dell’esofago e patologie che causano problemi di funzionalità esofagea a causa di una sua modificazione (come esofago di Barrett e stenosi esofagea).
Normalmente tale danneggiamento si verifica in seguito a una complicazione da intervento di chirurgia gastrica, come la gastrectomia o il bypass gastrico. Altre cause di reflusso biliare sono l’ulcera peptica e un intervento di colecistectomia, e il reflusso esofageo causato da malfuzionamento dello sfintere esofageo inferiore.
La diagnosi di reflusso biliare non è semplice, e prevede vari esami, tra cui l’endoscopia. Il trattamento del reflusso biliare è essenzialmente farmacologico, o in caso di corrosioni gravi a danno dello stomaco e dell’esofago, chirurgico. Nel trattamento farmacologico, si può usare l’acido ursodesossicolico,
che può ridurre la frequenza dei sintomi e la gravità del dolore associato a reflusso biliare; altrimenti gli inibitori
della pompa protonica, prescritti normalmente per l’esofago di Barrett. Il trattamento chirurgico tende a ristabilire invece il drenaggio biliare.
I mesi freddi possono essere, per alcuni bambini, i responsabili di diverse infiammazioni e infezioni all’orecchio. Le patologie più comuni sono le otiti. Esse colpiscono la parte media interna dell’orecchio, più precisamente dove si trovano i tre ossicini chiamati martelletto staffa e incudine; battezzati con questi nomi a causa della loro forma.
Il principale colpevole delle otiti nei bambini è lo Streptococcus; un microorganismo responsabile anche di alcune infezioni respiratorie come riniti, faringiti, sinusiti e bronchiti.
Per ragioni anatomiche le persone più soggette a questi tipi d’infezioni sono i bambini, in modo particolare le otiti. Il canale che collega l’orecchio medio con la gola, chiamato tromba d’Eustacchio, è più corta e meno inclinata nei bambini. Questa conformazione in età infantile fa si che l’orecchio sia praticamente alla stessa altezza dell’orecchio e di conseguenza non vi è nulla che può ostacolare la risalita di secrezioni e microrganismi, dalla gola all’orecchio.
Per diversi anni i bambini soggetti alle otiti “croniche” veniva somministrato dell’antibiotico ad ampio spettro con lo scopo di diminuire le recidive.
Oggi il metodo di cura è cambiato. Diversi studi internazionali e italiani, sono riusciti a dimostrare che alcuni rimedi naturali, come lo zinco e la propoli, sono efficaci nella prevenzione alla ricomparsa delle otiti.
Dai test effettuati è risultato che il 70% dei bambini trattati con i rimedi naturali hanno subito meno ricadute rispetto ai bambini che sono stati curati con altri farmaci.
I vantaggi di questa nuova cura, contro le otiti ricorrenti, sono diversi.
L’aspetto più importante è che questo rimedio naturale, a differenza di alcuni antibiotici, non altera la flora batterica intestinale. Inoltre questo tipo di rimedio registra una maggior tollerabilità e un maggior profilo di sicurezza.
Lo zinco è un oligoelemento che, oltre ad avere con un potere anti ossidante, ha un ruolo fondamentale anche come antinfiammatorio e antinfettivo
La propoli invece è considerato dalla medicina non convenzionale, l’antibiotico naturale per eccellenza. È una sostanza prodotta dalle api e ha un azione ad ampio spettro. La propoli agisce, non solo sulle otiti, ma anche su tutti i malanni caratteristici delle stagioni invernali come influenze, affezioni alle vie respiratorie, oltre che su funghi e batteri.
In conclusione, molti medici consigliano, in relazione ai risultati, l’uso di propoli e zinco.
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